L’Italia acquista tecnologie militari israeliane, l’opposizione è a intermittenza – Di Gigi Sartorelli

Aereo spia

La questione è questa: mentre il governo Netanyahu annuncia l’atto finale della pulizia etnica dei palestinesi e i politici europei fanno a gara a chi ignora con più nonchalance il diritto internazionale e le accuse dei tribunali dell’Aia, il governo Meloni procede sull’acquisto di sistemi militari basati su tecnologia israeliana.

Allo scalpore si è aggiunto anche lo scandalo: l’atto è stato approvato in Commissione Bilancio della Camera in appena 5 minuti. Su questo, padre Alex Zanotelli ha prontamente attirato l’attenzione con un articolo su Il Manifesto, chiedendo alle forze politiche di riparare rispetto all’ennesima prova di complicità col genocidio dei palestinesi.

Nello specifico, la delibera approvata ha come oggetto lo schema di decreto ministeriale SMD 19/2024, che riguarda tecnologie radar prodotte dall’azienda israeliana Elta Systems, parte dell’impero della Israel Aerospace Industries. L’obiettivo finale è l’implementazione del sistema Multi-Missione Multi-Sensore (MMMS) sugli aerei Gulfstream G550.

Il sostegno al complesso militare-industriale sionista e alle politiche di Tel Aviv è confermato dal fatto che tali tecnologie sono in genere provate dalle forze armate israeliane direttamente sulla popolazione palestinese. E come se non bastasse, il personale di Elta Systems spesso proviene o è ancora in servizio presso l’IDF.

La conversione dei Gulfstream G550 da jet civili a militari permetterà all’aeronautica italiana di dotarsi di nuovi velivoli spia e per la guerra digitale ed elettronica. Si tratta della terza fase di un programma militare dal valore di oltre tre miliardi, e questo costringe anche a denunciare l’opportunismo delle opposizioni.

Infatti, dopo il silenzio totale in Commissione Bilancio della Camera, lo scorso 6 maggio, sono cominciate ad arrivare le note di sdegno da parte dei partiti della minoranza. Angelo Bonelli ha detto che il governo “si prepara ad acquistare tecnologia militare da Israele“, mentre è arrivato l’annuncio del voto contrario dei pentastellati in Commissione Difesa del Senato, tramite Bruno Marton.

Eppure, questo è il punto, il governo non “si prepara” a firmare un accordo ex novo, ma sta semplicemente portando a conclusione un piano di investimento militare che ha visto le sue due prime fasi nel 2020 e nel 2021. I decreti SMD 3/2020 e SMD 37/2021 hanno già comportato una spesa di oltre 2 miliardi per l’acquisto e la conversione di alcuni degli otto velivoli coinvolti nel programma.

Quella che è in discussione in questi giorni è solamente la terza e ultima tranche di spesa, che per una serie di motivi passa da 994 milioni a 1.632 milioni. In tutti i decreti era già ovviamente previsto il coinvolgimento di imprese israeliane, e anzi veniva anche sottolineata la volontà di allargare la collaborazione tra Roma e Tel Aviv.

Le scelte del governo Meloni hanno insomma la propria origine in un provvedimento che è stato preso quando a capo del governo c’era Conte, e PD e AVS sedevano in maggioranza. Non a caso, il senatore Alfieri, esponente PD della Commissione Difesa del Senato, ha annunciato non la contrarietà, ma solo la non partecipazione al voto, sottolineando come questo percorso sia cominciato nel 2020.

Alfieri ha detto che ciò era stato deciso prima dell’attuale conflitto, mentre Martone ha dichiarato che “il Movimento 5 Stelle vuole che l’Italia metta in atto una moratoria totale sulla compravendita di armamenti con Israele finché non si fermerà il genocidio“. Ma sono decenni che Israele viola il diritto internazionale e pratica l’apartheid nei territori occupati, come denunciato da più parti.

L’opposizione si muove a intermittenza. O meglio: prima ha approvato un piano di spese militari, promuovendo la collaborazione con chi era già risaputamente autore di crimini contro l’umanità e in difetto rispetto al diritto internazionale. Poi, quando alcuni attori del mondo pacifista alzano l’attenzione sul tema, fanno finta di schierarsi a difesa del popolo palestinese.

Ovviamente, solo a scadenza, finché sarà utile per recuperare consensi in una popolazione indignata dal dover assistere al primo genocidio in diretta televisiva. Entro il 26 maggio, il decreto dovrà ottenere l’approvazione definitiva, e perciò sarà necessario che chi autenticamente sostiene le ragioni della resistenza palestinese faccia pressione per impedire questo ennesimo atto di complicità.

Fonte: https://contropiano.org/

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