Basta salari da fame!

M. Fana Salari da fame

L’Italia non cresce da oltre 25 anni e diverse generazioni non hanno mai conosciuto un periodo di economia in salute e di benessere. Anche per chi ha la fortuna di lavorare, i salari sono da fame. Questo libro spiega perché ci siamo ridotti così. Liberalizzazioni, privatizzazioni, esternalizzazioni. Un processo che non ha ancora visto la fine ma che quotidianamente aggredisce il benessere della maggioranza della società: operai che indossano la tuta blu o impiegate in tailleur, venditori porta a porta o operatori di call center. La riduzione del costo del lavoro per il bene del paese, quell’interesse nazionale tutto a vantaggio dei profitti di impresa, quelli dichiarati e quelli evasi. È sull’impoverimento dei lavoratori che le imprese continuano ad accumulare profitti agitando di volta in volta il nemico esterno più utile alla propria retorica: gli immigrati, le delocalizzazioni, la tecnologia. Strategie funzionali a occultare un punto di vista di parte. Dietro la falsa oggettività della tecnica si è nascosto un interesse politico, diretto a garantire l’alto contro il basso della società, i profitti dei pochi contro i salari dei molti. Ma la consapevolezza che le crescenti diseguaglianze originano dai salari e dalle retribuzioni è un tema che è tornato con forza nel dibattito pubblico e motiva oggi i maggiori movimenti sociali a livello internazionale. Dal movimento per il salario a 15$ dei lavoratori dei fast food negli USA alle rivendicazioni di un salario minimo più dignitoso in Bangladesh, dalle proteste dei Gilets Gialli in Francia ai picchetti delle donne di ItalPizza nel modenese. Una storia internazionale, ma anche una storia italiana. Poche sono infatti le certezze che hanno caratterizzato la politica economica italiana negli ultimi tre decenni. Tra queste vi è indiscutibilmente la svalutazione salariale, perseguita con tenacia e costanza da tutti i governi che si sono succeduti dal 1992 a oggi. È dentro questo obiettivo politico che bisogna ricondurre non soltanto i processi di riforma del mercato del lavoro e delle relazioni industriali, ma anche quelli di ristrutturazione che hanno caratterizzato tanto il settore privato quanto quello pubblico.

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